trio
Le gemelle sforbicianti


07.12.2024 |
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"È nella cabina col letto a castello, forse un po’ voglioso ma non può far niente perché i signori sono a bordo..."
Siete proprio due stronzette. Lo penso mentre osservo Lucia nella sua maturità fiera e Rosita che si vergogna, non capisco poi perché, solo del suo nome.Mi hanno legato a questa sedia. Gliel'avevo chiesto io, per scherzo. Mi hanno legato e si sono messe a bere champagne ghiacciato. Una Vedova.
Tutto è iniziato per gioco, a cena, sulla terrazza dei vip a Viareggio. Vista mare e vento caldo d'estate. Vista donne superbe, nella loro femminilità avventata, pelle lucida di creme doposole e unguenti profumati. Io ero a cena con la mia compagna e una coppia di amici. Lei, la nuova compagna del mio amico, un po’ esile per i miei gusti. Non m’intriga. Convenevoli, brindisi, crudi. Mangiavo e pensavo a un chiodo fisso.
Da settimane seguivo su Instagram il profilo di una donna. Lucia. Avevo intercettato il suo profilo su Instagram tra quelli suggeriti, perché già la seguivano un paio di conoscenti. E quando avevo visto che questa pantera stazionava a Forte dei Marmi, mi era venuto un certo languorino... Una malata di selfie.
Ora con la coppa di champagne in mano, ora mentre cammina col mare fino alle caviglie, ora con la schiena nuda sul tramonto lasciando intravedere forme morbide e accoglienti. Ora con un perizoma da staccare a morsi. Sbirciavo, di tanto in tanto, il cellulare alla ricerca di lei, dei suoi spostamenti. Ed eccola in un breve filmato mentre sembra sedurre il collo di bottiglia di un liquore. Ora a cantare a squarciagola al pianobar di una festa privata in riva al mare. Ora nel giardino della villetta, probabilmente del suo lui, seminuda su un lettino. Ora sdraiata su una Lambo, il vestito che ricorda quello di una vestale romana. Ma non riuscivo a beccarla dal vivo, non come avrei voluto.
L’avevo scopata, un paio di volte, mentre infilavo il cazzo nel culo della mia donna. Perché quando una mi arrapa davvero, la scopo chiudendo gli occhi. Nel senso che il corpo è di un'altra, generalmente della mia lei, ignara, ma la mente respira il desiderio mentre alterno gli affondi e mi faccio un film.
Penso alla mia lei e alle nerchie che hanno percorso i suoi sentieri, prima di me. Penso al sogno inconfessabile di sborrare tra le tette di questa maiala che sembra vivere solo sullo schermo del cellulare. Non l’ho certo detto alla mia lei, che magari si sente ancora più troia in calore, infoiata sotto i colpi del mio bacino, mentre cerco di sfondarla, tutto eccitato perché in realtà, la parte più stuzzicante è proprio pensare alle tette accoglienti di questa new entry nella galleria delle mie depravazioni.
Pensieri in libertà, mentre il cameriere serve l’aragosta che sembra ancora viva tanto è fresca. I miei commensali parlano di tutto, moda, pettegolezzi, progetti. Sembrano persino credere a questa parvenza di normalità. Non me ne frega una beneamata minchia e quindi sorrido al vuoto.
Pensieri che evaporano quando, dalla scaletta che porta in terrazza, spunta Rosita, un desiderio fatto realtà la scorsa estate, dopo settimane di corteggiamento a distanza. Rosita è solare. Un gran stacco di coscia, tacco 12 col laccetto alla caviglia, la gonna della griffe più alla moda, una borsa in coccodrillo, l’immancabile Explorer bianco al polso e uno scollo verticale che mostra, ora, l’ombelico illuminato da un diamante. Ha un seno interamente ricostruito da un chirurgo. Ha due pere che restano sempre su, i capezzoli ritti come chiodi. Quando glieli ho succhiati, un anno fa, sapevo che era artificiale. Ma il cazzo ha iniziato a farmi male, tanto tirava. E io in fin dei conti devo pur assecondarlo.
La mia compagna non sa, forse sospetta. Non è ingenua, ha un proprio vissuto vivace, prima o poi scriverò perché mi sono innamorato di lei. Sospetta ma non si aspetta che Rosita stia puntando dritta al nostro tavolo, il suo uomo al seguito come un cagnolino al guinzaglio. “Ma no, non ci posso credere, anche voi qui” dice come se avesse appena scoperto una vena d’oro in montagna. Sprizza gioia da tutti i pori, la stronza. Gioca il ruolo della conoscente che vuol farsi notare. Io mi alzo, come d’abitudine. Il pantalone bianco tira un po’ all’altezza del cavallo, ma tengo il tovagliolo calante proprio lì per non tradire il brivido che quell’apparizione ha provocato. Saluti, convenevoli e sto per rimettermi a sedere quando entra lei. Lei!
Mi basta un’occhiata. Vedo che Rosita spalanca le braccia come la mora davanti a lei. È bionda Rosita, abbraccia con fare teatrale quella che scoprirò essere Lucia. Il fato è avverso, le due, coi rispettivi cavalieri, finiscono col sedersi dietro di me. Posso solo socchiudere gli occhi, di tanto in tanto, fingendo di ascoltare i discorsi inutili d’estate, inspirando il profumo d'anima che le due sprigionano. Ogni volta che inalo la fragranza dei loro corpi, non posso che immaginarle alla mia mercé. Ma nulla posso, in realtà, controllato a vista come sono.
Quando arriva il conto e finisce questo supplizio, nell’atto di alzarmi, invece di salutare con un cenno Rosita, vado al suo tavolo a salutare il cornuto del marito, imprenditore figlio di un grande industriale, fare un complimento a questa troia che mi sono sbattuto esattamente un anno fa a bordo del loro 26 metri e ad elargire un sorriso di circostanza interessata ai loro ospiti. “Piacere” dice l’altra, porgendomi la mano. Un brillante da tre carati, le unghie carminio che fanno coppia con quelle dei piedi, come scruto con malcelata avidità in una zeppa che lascia uscire le dita.
L’indomani vado precipitosamente a ricercare il numero di Rosita. Le invio un messaggio su Instagram, più privata come soluzione, più intima come è stata lei quel giorno in barca. Eravamo quattro coppie, oltre al capitano. I primi tuffi vicino alle grotte, Rosita che risale a bordo perché una piccola medusa le ha strusciato il braccio. "Proprio qui, vedi" e nel farlo ha pure sfiorato il mio glande, quasi per caso. Io osservo la muscolatura del braccio, le trattengo il polso un istante più del dovuto, ma gli occhi - non c'è niente da fare - sono già fuggiti in mezzo alle sue tette. Dico di preferire il relax, un tuffo magari più tardi, mentre mi rimetto a leggere “Il delta di Venere” di Anais Nin, uno dei classici della letteratura erotica che, tanto, gli altri non sanno. E tutto il gruppo è invece impegnato in sfide su moto d’acqua, nuotate fino a riva, mentre il rollio dello yacht concilia il sonno. Il capitano è uno che si fa i fatti propri, si vede da lontano. E’ sceso nel vano cucina per iniziare a preparare la pasta alle alici insieme alla sua assistente che, lo capisco, lui scopa in ogni occasione. Io sono rimasto a poppa e osservo le poppe di Rosita che si slaccia il reggiseno e libera al sole quelle due ampolle.
“Hei” dico.
“Hei cosa” risponde.
“Non puoi fare così, non vale, sono un bambino sensibile”.
“Ah sì", dice dando le spalle alla prua. “E allora cosa dici adesso” fa, mentre scosta lo slip e fa uscire le labbra con un ciuffetto, appena accennato, in cima al promontorio di Venere. “Credi che non sappia cosa stai leggendo?”. Mi osserva, inizia a sfiorarsi leggermente la passera.
Mi guardo intorno, siamo soli. Sento il capitano che impartisce qualche ordine di sotto. Scosto il boxer quel tanto che serve per estrarre il membro già barzotto e la guardo dritta negli occhi. “Se al posto delle tue dita ci fosse questo?”. Il rumore dei passi in avvicinamento mi costringe a mettere il libro aperto sulla cappella, per non farmi scoprire. Lei è più veloce. E la distanza tra noi non ammette equivoci. “Signora posso servire il rosè?”.
A sera scendiamo per andare a cena sugli scogli. Un tender viene a prenderci e ridiamo, beviamo, mangiamo. Quando si è fatta notte risaliamo a bordo. Cabina armatoriale a prua, con anticamera. Due cabine appiccicate a poppa. Abbiamo bevuto tutti, forse un po’ troppo. La mia lei, la conosco, all’ennesimo mojito si è scusata ed è scivolata sotto coperta. Sta già russando, lieve come un cerbiatto. Il proprietario della barca è collassato, stravaccato sul divanetto in pelle bianca. Il capitano lo aiuta a riprendere il controllo e lo accompagna, fisicamente, in cabina. E' proprio ciucco. Perché ho applicato alla serata un meccanismo imparato in Asia. Water whisky. Cioè acqua e whisky, a go go. Io con un bel po' di acqua in più. Al quarto bicchiere è già discesa...
L’altra coppia timidamente se ne va e anch'io dico, a voce alta, “grazie per questa incantevole giornata, vado a dormire”. Il capitano viene congedato dalla padrona, come si conviene. È nella cabina col letto a castello, forse un po’ voglioso ma non può far niente perché i signori sono a bordo.
“Mi dai una mano?” chiede Rosita.
“Certo” dico ad alta voce per far sentire all’altra coppia che non cerco una scusa per restarmene su. Rosita chiede a Siri di mettere un po’ di musica da Buddha bar. Le candele si spengono al vento. Rosita si appoggia al tavolino esterno, solleva appena la gonna e fa vedere che non indossa le mutandine.
“Se sei un uomo, adesso me lo dai”.
“Ma come” obietto, “qui? Con lui che dorme a pochi metri”.
“Infilamelo nel corpo, adesso o mai più” e nel dirlo divarica le natiche quel tanto che le consente di dilatare la fessura. Il mio cazzo è in tiro, è sempre in tiro quello… Lei ha preso una punta di crema, se l’è strusciata lungo le labbra che assorbono subito e si fanno umide. Io mi appoggio delicatamente, trattenendo il respiro. Entro nella sua intimità e cerchiamo di non far rumore, anche se il cuore pompa adrenalina e qualche gemito, pur minimo, esala. In barca si sente tutto, penso. È una sveltina, in realtà. Una goduta rapida che non la porta a pressione. Schiumo e afferro velocemente un pannetto, mi ripulisco la nerchia e lo volo nel mare, per non lasciar traccia.
Quella è stata la nostra unica opportunità, l’indomani dovevamo ripartire. Ci siamo seguiti sul social, ci siamo promessi ammiccando un secondo round, ma è passato un anno e niente è accaduto. Perché sai com'è... Rientri nella routine, i casini di lavoro, le distanze e amen.
Così quando lei risponde “ciao” al messaggio, mi metto a sedere sul lettino. La mia lei è annichilita dai raggi di sole che la penetrano come solo i bull saprebbero fare. Inserisco il silenziatore e scrivo freneticamente quel che sto provando. Averla rivista, tutta tirata a lucido ha riacceso in me la fame della promessa non mantenuta. Lei aspetta un po’ e risponde con un emoticon, un maialino che sorride, si gira e mostra il popò mentre danza, con tanto di ricciolino. "Come preferisci riprendere il discorso?" digito, cercando parole che siano il meno compromettenti possibile, perché con questi aggeggi infernali non si sa mai… Passano pochi secondi e lei risponde: “Ma vuoi vedere me o la mia amica?”.
Bastarda, penso. “Quale amica” ribatto.
“Non fare lo stupido con me. Ho visto come la guardavi”.
“Ma chi? Quella di ieri? Non male, ma tu sei meglio”.
“Giuda ipocrita. L’hai spogliata con gli occhi”.
“Ma dai…”.
“Io adesso la vedo”.
“Chi vedi?”.
“Lucy”.
Ho scoperto il nome, penso.
“E’ qui davanti a me, in topless. Ha due belle pere”.
“Con le tue facciamo poker” rilancio.
“Poker di pere”, infila un altro emoticon con quattro pere che ballano.
“Non mi provocare” rispondo.
“Guarda che lei è molto aperta”.
“Non ne dubito”.
“Sciocco. È aperta di vedute. Noi giochiamo insieme”.
Il sangue si gela. Osservo l’orizzonte. Una mamma gioca con un bambino, un castello di sabbia a riva. E' accovacciata e mi sembra di scorgere persino lo spacco di quella fica. Ma deve essere una suggestione provocata dal sole, un miraggio, come quello che immagino mentre rileggo quelle parole.
“Vorrei giocare anch’io con voi, allora”.
L’appuntamento è in una villetta circondata dal silenzio degli alberi. Le 6 del pomeriggio. I due uomini sono andati al tennis club e loro, le donne, li raggiungeranno per andare poi a farsi un aperitivo. Così mi dice Rosita che adesso vuol essere chiamata Rosy. Rosy e Lucy, penso immaginando...
Apre il cancellino di una casa che non è la sua, ma di Lucy. Quando entro osservo le chicas, faccio finta di essere interessato alle bifore. Rosy mi allunga un calice di champagne ghiacciato e dice “entriamo che fa troppo caldo”. Il salotto è climatizzato. Mi accomodo su una sedia di vimini.
“Complimenti per l’arredo, questa chiavarina è molto bella”.
Lucy sorride. Rosy mi gira intorno, poggia il calice su un pianoforte a coda. Mi carezza i capelli rasati in stile militare. Poi prende il mio polso sinistro e lo gira dietro la schiena. Infila il mio braccio destro in una fessura dello schienale e fa scattare un paio di manette con una protezione in pelle rosa.
Cosa fai, vorrei dirle, ma resto muto.
Rosy riprende il bicchiere, assorbe un po’ di bollicine mentre si avvicina a Lucy. La bacia sulla bocca, le inietta l’effervescenza in gola.
Qualche lacrima scivola lungo il mento di Lucy che non fa una piega. Rosy le smuove appena una spallina e il prendisole scivola a terra liberando Lucy alla vita. Ha un seno florido, splendido. Naturale. Una quarta e un reggiseno che a malapena trattiene quelle grazie straripanti. Le gemelle, le ribattezzo osservando quei capezzoli morbidi enormi. Non porta la mutandina e questo mi arrapa. Vorrei iniziare a toccarmi, ma sono ammanettato. E Rosy prende per mano Lucy avvicinandosi alla mia sedia.
Tremo per lo spasmo, vorrei parlare ma l'indice di Rosy impone il silenzio. Prende il bicchiere di champagne ghiacciato, il mio, rimasto sul tavolinetto di vetro. Mi sbottona la camicia, graffiandomi appena il petto con le unghie nere. Lucy mi sbottona i pantaloni di lino, con un po' di difficoltà perché il cazzo è in tiro. Lo libera dalla stretta dello slip e il mio membro è lì alla sua portata. Già sogno di vederla andare giù di bocca.
Invece è Rosy a condurre le danze. A modo suo. Ed è lei a far scivolare il liquido ghiacciato sul mio corpo, indirizzandolo verso l'inguine. La mia eccitazione sale, chissà quale gioco stanno pensando queste due troiette.
Mi lasciano lì. Tornano al divanetto davanti alla sedia.
"Così no" obietto.
"Shhhhhhh" fa Rosy. "Devi saper aspettare" dice mentre libera i due capolavori di carne che pendono dal petto di Lucy.
Inizia a sfiorarli, col dorso della mano. Estrae un cubetto di ghiaccio dal cestello che ospita la boccia di champagne. Lo fa sciogliere sul corpo della donna che ho inseguito con la mente. Lucy subisce, pazientemente, le cure dell'amica. Le due si afferrano reciprocamente i volti e iniziano a baciarsi, ma non riescono a trattenere le mani. Ed è tutto un cercarsi tra loro, mentre devo assistere passivo.
Rosy spalanca le cosce di Lucy. Si immerge in quelle profondità e non ci vuole molto, all'altra, a mettersi comoda. Pronta ad appagare il proprio egoistico desiderio. Ci sa fare Rosy. E lo fa col culo alzato. Vorrei essere libero di sondarne l'anfratto. Mi alzo con tutta la sedia.
Rosy si ferma, mi guarda severa e non aggiunge altro. Mi rimetto a sedere.
Adesso la sua lingua percorre il sentiero in ascesa sul corpo di Lucy. Le lecca l'ombelico. E sale ancora fino a varcare il canyon di quelle tette che sono la mia malattia primaria. Le stringe a sé delicatamente. Inizia a leccare e poi a ciucciare il capezzolo e darei qualsiasi cosa per mettere il mio cazzo lì, tra le zinne di Lucy e la lingua di Rosy. Lucy ha uno spasmo. Non ho visto bene, ma Rosy ha preso un piccolo strap-on e sta penetrando l'ano dell'amica, sì glielo sta mettendo nel culo, delicatamente.
Si alza Lucy. Si alza e si gira mettendosi a pecora, il buco del culo in favore della mia visuale. Rosy gioca con quell'affare e lo spinge lentamente avanti e indietro. Lucy mugola, mentre osservo il suo volto dallo specchio davanti a queste due stronze. Il cazzo è in tiro. Lucy ansima. Non parla. Non dice parole forti, non gioca con le favole. Gode, gode come una troia. Rosy è esperta e queste fiche da urlo sono a due metri da me, ma non posso intervenire.
"Godo, godo, godoo, goooodooooo, cazzo come godooooooo, non fermarti, non fermarti, non fermartiiiiiii".
Sono gli unici suoni che escono dalla bocca di Lucy, prima di vederla sprofondare, strafatta d'orgasmo.
Rosy le infila adesso due dita nella passera per prolungare l'agonia di piacere. Un paio di colpetti per titillare il clitoride mentre Lucy ricomincia a tremare. Due colpetti in più. Sento che ansima di nuovo. E Rosy inclemente prosegue il proprio rituale.
Non serve la scienza per capire. Lucy si rimette a pecora, ma adesso è Rosy a fare lo stesso, dietro di lei. Quello è il culo di Rosy, penso, e io non l'ho ancora preso. Quella è la fica di Rosy che non ho onorato a dovere. Il volto di Lucy allo specchio è un inseguirsi di spasmi. Si morde le labbra la troia.
Mentre Rosy prosegue come un treno a leccarla nella fica e, deduco, a inserire ancora lo strap-on nel culo.
Mi alzo e stavolta mi avvicino, ho il cazzo che esplode dentro ma non posso guidarlo perché sono ammanettato.
Lucy gode, di nuovo. Fica, giunonica, morbida, rasata con un baffo di peluria e pure multiorgasmica. Potrei morire.
Rosy alza lo sguardo. Ha la bocca piena di umori, bagnata. Mi osserva, cupa. Si gira con quei due seni troppo perfetti. Mi bacia in bocca mentre struscio implorante il mio membro davanti alla sua fica. Mi bacia e mi infila il sapore della fica di Lucia in gola. Slingua come per ripulirsi dal peccato.
Io sono lì, in piedi, tremante, il cazzo di marmo mi sta pure facendo fare bella figura. Ma Lucy si ricopre. Rosy mi fa sedere. Forse adesso si prenderà cura di me. "Per oggi basta" dice. Prende il ghiacchio, una manciata, e me lo mette sul cazzo, trattenendolo tra due mani che si sono fatte ampolle.
"Adesso basta perché dobbiamo andare e soprattutto tu devi andare".
"Ma...".
"L'anno scorso mi hai riempita di sborra in tre secondi. Credi che abbia apprezzato?".
"La situazione" provo a giustificarmi.
"Soprattutto non mi hai cercata per tutto l'inverno" dice ignorando ogni mia rimostranza. "E adesso, per avermi visto con la Lucy, pensi davvero che io, una come me, si metta a sbavare per uno come te. Ma sai quanti uccelli si alzano al mio passaggio? Ben più dotati del tuo, più facoltosi...".
Mi sta umiliando questa stronza. Lucia non fa una piega e raggiunge la doccia.
"Ma siccome sono generosa, voglio darti un'altra chance perché sei un maiale raffinato e a me piace così."
"Così come?" chiedo un po' scocciato col cazzo che ormai è rientrato in modalità stand-by.
"Ci vedremo in inverno, nella nostra casa di Cortina. E lì, se saprai corteggiarmi, ti concederò Lucia".
"Ma io voglio te, anche te, sì insomma entrambe, come oggi".
"Piano. Piano. Non correre. Prima devi svuotarti con lei, poi quando avrai ripreso il colpo in canna per durare come si deve, forse...".
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